I saperi possono essere usati in forma egemonica e coloniale, si ripete cioè la diagnosi, il codice, la separazione.
Ci siamo chieste: nei contesti di cura come sono distribuiti i saperi?
Può l’arte aprire spazi terzi di incontro?
L’arte è per sua natura eccentrica, rompe il discorso sull’altro e apre al contatto con la materia e con i corpi, apre il conflitto tra ciò che c’è in noi e quello che esiste fuori da sè, rompe i discorsi che hanno già una soluzione e spinge a mettere le mani tra le cose. L’arte provoca saperi che sorgono dai corpi, dalle situazioni, dalle nostre storie personali e collettive e li pone in relazione verso un’opera che diventa comunitaria.